Tokyo Ghoul – Quando l'anime sminuisce il manga.

 

 

Il mondo degli anime attinge quasi sempre da quello dei manga. Data la diversità dei media in questione, e considerando altri fattori che possono decisamente variare, un eventuale confronto può portare risultati molto diversi a seconda dei casi. Quello che prendiamo oggi in esame è quello di “Tokyo Ghoul”, manga iniziato nel 2014 da Sui Ishida e conclusosi nel 2016.

 

 

Questo action-horror dalla trama piuttosto articolata ha generato una trasposizione anime davvero molto discutibile, che ha finito per mostrare la faccia sbagliata di un'opera più interessante e riuscita del previsto.

 

La trama vede la città di Tokyo brulicare di ghoul, creature che devono obbligatoriamente cibarsi di esseri umani per sopravvivere. Dotati di particolari poteri e dalle sembianze umane i Ghoul vivono nascosti nella società, con il continuo rischio di essere trovati e uccisi dalla CCG, comando speciale della polizia intenzionata a sterminare le suddette creature. E' in questo panorama che inizia la storia del protagonista Ken Kaneki, che ha la sfortuna di essere quasi ucciso dalla ghoul Rise. In seguito ad un trapianto, Ken sopravvive e diventa a sua volta un ghoul. E' l'inizio di un cammino estremamente complicato e difficile.

 

L'opera cartacea di Sui Ishida si compone di due serie manga: “Tokyo Ghoul” di quattordici numeri e “Tokyo Ghoul: RE” di sedici numeri. Quella che prende piede nel manga è una storia estremamente complessa ed avvincente, che riesce a bilanciare degnamente trama, approfondimento dei personaggi, orrore ed azione. L'intreccio presenta anche svariati colpi di scena, alcuni in particolare davvero clamorosi. La serie vanta un interessantissimo e tormentato protagonista, affiancato da molti altri personaggi davvero riusciti e notevoli. Anche la componente grafica è pregevole, il tratto dei disegni è accattivante e perfettamente in linea con il tipo di storia narrata. Alla fine della lettura dell'intera opera, tuttavia, si può riscontrare il seguente dato: la prima serie è migliore della seconda, che resta comunque su livelli complessivamente alti senza però eguagliare quelli della precedente. Senza fare spoiler “Tokyo Ghoul: RE” vede i personaggi aumentare in quantità industriale a scapito di un loro approfondimento, più marginale e approssimativo.

 

La trama effettua inoltre una scelta di gestione davvero particolare nella prima parte della seconda serie, che può portare alle reazioni più disparate. Si può riscontrare inoltre una certa ripetitività di alcune situazioni e, nonostante gli arcani principali vengano chiariti, regna una certa confusione nella parte conclusiva. Tutto questo però non mi impedisce di consigliarvi la lettura di questo manga, assolutamente promosso e imperdibile, al netto dei difetti sopra citati.

Se l'opera cartacea supera l'esame con una bella promozione, tuttavia, non si può dire lo stesso della trasposizione anime.

 

La prima serie manga viene trasposta in due stagioni di dodici episodi ciascuna: “Tokyo Ghoul” del 2014 e “Tokyo Ghoul √A” del 2015. L'animazione a cura dello studio Pierrot mantiene inalterato il tratto del manga e l'opera può dirsi complessivamente riuscita nella sua prima stagione, abbastanza fedele nella narrazione al netto di alcune aggiunte. Ogni puntata scorre piuttosto agevolmente e anche i momenti più spettacolari rendono davvero bene a schermo. La tanto attesa seconda stagione, però, finisce per mandare tutto in rovina a causa di una semplice scelta: distaccarsi notevolmente dalla trama dell'opera originale e intraprendere strade totalmente nuove.

 

La componente action aumenta rispetto alla prima serie ma ne risente davvero troppo la componente narrativa, tanto nella stravolta trama quanto nella profondità dei personaggi. L'accoglienza fredda e delusa nei confronti di questa seconda stagione sembra allontanare l'idea di proseguire la storia ma nel 2018 arriva “Tokyo Ghoul: RE”, serie di ventiquattro episodi che traspone la seconda serie manga e che si propone di concludere la storia. Ritroviamo lo studio Pierrot in fase di realizzazione tecnica ma il risultato è peggiore rispetto al passato. E non è tutto. Se la vicenda può risultare discretamente fedele in quello che mostra, infatti, ci pensano numerosissimi tagli narrativi a danneggiare la fruizione da parte dello spettatore.

 

Si può capire tutto solo avendo letto il manga, in caso contrario vi ritroverete più volte spaesati e incapaci di comprendere cosa stiate davvero guardando. Gli episodi scorrono anche questa volta ma il risultato finale lascia davvero a desiderare. E non di poco.

 

Tirando le fila, “Tokyo Ghoul” è un manga di valore che trova il proprio distruttore nella sua trasposizione anime, di cui si salva davvero solo la prima parte della prima serie. Se volete avvicinarvi a quest'opera il consiglio è una solo: procuratevi e leggete prima il manga, in tutte le maniere. Soltanto dopo proponetevi di guardare la serie anime. Il rischio è quello di farsi un'idea sbagliata di un'opera meritevole, che ha avuto la sfortuna di essere sminuita da una discutibile opera audio-video.

 

David Salvaggio